Come costruire un gruppo di continuità 12V

Questo circuito nasce dall’esigenza pratica di garantire continuità di funzionamento in caso di black-out (accidentale o provocato da malintenzionati) ad un impianto di videosorveglianza composto da 8 telecamere a circuito chiuso, un videoregistratore digitale ed un modem-router per l’interfacciamento alla rete internet.

ELENCO COMPONENTI

  • F FUSIBILI (da scegliersi in base all’assorbimento di corrente)
  • R1 4,7 OHM 10W
  • R2 20 KOHM TRIMMER
  • R3 1000 OHM 1/4W
  • R4 2200 OHM 1/4W
  • R6 2200 OHM 1/4W
  • Q BC547
  • PD PONTE DIODI 50V 20A
  • RLY RELE’ 12V SPST
  • D 1N4007
  • DZ ZENER 5,1V 1W
  • IC1 TL081

Tutte queste apparecchiature essendo funzionanti a 12V sono collegate ad un unico alimentatore capace di erogare 10A. La soluzione più semplice ed intuitiva per garantire continuità di funzionamento è quella di collegare una batteria da 12V in parallelo all’alimentatore.
In condizioni normali la batteria viene mantenuta costantemente sotto carica e le apparecchiature prelevano energia dalla rete elettrica, qualora questa dovesse venire a mancare la batteria garantirebbe una certa autonomia di esercizio all’impianto.

Spesso le soluzioni più semplici sono anche le migliori ma questa volta le cose non stanno proprio così. C’è da dire infatti che il brutale collegamento in parallelo di una batteria con un alimentatore crea alcuni problemi e potrebbe essere molto pericoloso.

gruppo_continuita_autocostruito (1)

 

Il primo problema riguarda la sicurezza, una batteria non ha alcun sistema di protezione da sovracorrenti e per di più, a differenza di un alimentatore presenta una resistenza interna molto bassa (nell’ordine delle decine di milliOhm). Per questo motivo è in grado di fornire correnti di svariate centinaia di Ampere, questa sua capacità è senz’altro vantaggiosa se dobbiamo mettere in moto un furgone ma può diventare pericolosissima e provocare incendi ed esplosioni in altri contesti ad esempio qualora dovesse verificarsi un cortocircuito tra i cavi oppure un guasto nell’alimentatore.
La soluzione è utilizzare un fusibile posto PIU VICINO POSSIBILE alla batteria. In caso di problemi molto semplicemente esso fonde evitando disastri. Primo problema risolto!

Secondo problema: La batteria è costantemente tenuta sotto carica dall’alimentatore, questo significa che esso forza la circolazione di una certa corrente (corrente di ricarica se la batteria era scarica e si sta caricando o corrente di mantenimento se è già carica). La corrente e quindi il flusso di potenza sono USCENTI dall’alimentatore ed ENTRANTI nella batteria come è logico che sia. Ma cosa avviene durante un blackout?
L’alimentatore ovviamente smette di funzionare. In assenza di ogni sorgente elettrica in breve tempo tutte le tensioni e tutte le correnti nei suoi circuiti interni dovrebbero scendere a zero.
Ma se noi ci abbiamo messo una batteria in uscita questo non è vero!

La batteria infatti imporrà una tensione ai morsetti dell’alimentatore FORZANDO UNA CORRENTE INVERSA , in pratica il flusso di potenza si inverte e la batteria si scarica sui circuiti interni dell’alimentatore. Questo è da evitare! L’alimentatore non si aspetta che qualcuno possa pompare al suo interno corrente in verso contrario, di conseguenza si potrebbe danneggiare.
Si intuisce come servirebbe qualcosa tra l’alimentatore e la batteria in grado di lasciarsi attraversare dalla corrente solo in un verso bloccandone invece un eventuale rientro.
Questo componente è un banale DIODO. Secondo problema risolto!

Problema numero 3: Un improvviso black-out ha lasciato senza energia elettrica la zona, la brava batteria sta facendo il suo lavoro e tutte le apparecchiature sono correttamente alimentate e regolarmente funzionanti (anzi non si sono accorte di nulla!) inoltre il diodo di protezione impedisce alla corrente di fluire verso l’alimentatore che quindi è spento….e contento.
Bene, purtroppo però sono già passate due ore e ancora la corrente non è tornata, il tempo passa e la tensione fornita dalla batteria si sta piano piano abbassando, 12,6…..12,3…..12,0……11,8………11,6!
MA ATTENZIONE! Non stiamo alimentando una lampadina o uno scaldino (entrambi volgarissime resistenze) ma dei sofisticati circuiti elettronici! Telecamere…un videoregistratore.. un router.

E’ risaputo che una tensione troppo elevata può fare danni, c’è anche un limite inferiore però!
Al di sotto di una certa tensione gli apparecchi non funzionano più regolarmente rischiando ugualmente di danneggiarsi. Poichè nessuno ci garantisce che siano protetti contro simili eventualità dobbiamo trovare noi qualcosa per staccare tutto.
Dato che sono ammesse tranquillamente tensioni da 11V a 13V possiamo prendere 11V come limite inferiore. Inoltre c’è un altra ragione, al di sotto dei 10,7V anche la batteria si danneggia in modo irreparabile, l’acido solforico attacca il piombo solfatando le piastre.
Un motivo in più per dotare il sistema di un efficace circuito di protezione!

Serve qualcosa che confronta la tensione con un livello di riferimento, se questa risulta maggiore viene mantenuto attivo un relè in modo da far arrivare ai carichi la tensione della batteria, se però dovesse diventare minore il relè viene disalimentato e il tutto si spegne miseramente.
Un comparatore realizzato con un amplificatore operazionale è quello che ci vuole.

TL081

 

L’integrato TL081 contiene l’operazionale che è alimentato direttamente dai “presunti 12V” ovvero dalla tensione da controllare, un partitore (regolabile in fase di taratura) riduce la stessa a pochi volt che vengono letti dal pin non invertente dell’integrato, il pin invertente è collegato invece a massa tramite un diodo ZENER che crea la tensione di riferimento pressochè costante al variare della tensione di alimentazione (entro certi limiti naturalmente).

L’uscita dell’operazionale, quando bassa, accende un transistor NPN il quale pilota il relè. Il diodo in parallelo è necessario per proteggere il transistor dalla sovratensione che la bobina del relè genera al momento della commutazione e si usa sempre, in ogni circuito, ogniqualvolta un transistor pilota un carico induttivo (un relè, un motore…).
Notare che il circuito non è alimentato direttamente dalla batteria ma a valle del relè.
Così facendo quando il relè sgancia a causa dell’intervento della protezione anche l’operazionale si spegne AZZERANDO IL RISCHIO di successive riaccensioni, dovute ad esempio al fatto che una volta scollegati i carichi, essendo nulla la corrente prelevata dalla batteria, la sua tensione tende nuovamente a risalire superando gli 11V.
In assenza di questo furbo accorgimento si otterrebbero dei ripetuti CICLI DI ON-OFF intorno alla tensione di 11V che risulterebbero sicuramente deleteri per le apparecchiature collegate (quasi quasi era meglio lasciargli scendere la tensione fino a zero!).

Un altro inconveniente riguarda la ricarica e il mantenimento della batteria.
Fin ora abbiamo ipotizzato che TUTTO IL SISTEMA composto da alimentatore, batteria e carichi sia funzionante a 12V.
La cosa è facilmente ottenibile impostando la tensione di uscita dell’alimentatore a 12,7V (0,7V si perdono sul diodo di protezione) tutto il resto, essendo in parallelo, riceverà la stessa tensione.
C’è un piccolo problema! La batteria a 12V è praticamente GIA’ SCARICA!

La tensione nominale di una batteria “da 12V” completamente carica è infatti di circa 13V inoltre se questa deve essere ricaricata sarà necessario farlo a corrente costante fino a che non si sia “ripresa un po” per poi proseguire la ricarica a tensione costante di circa 13,5- 13,8V. Questa tensione sarà anche quella di mantenimento per assicurarci che essa rimanga carica.

E’ ovvio che se le apparecchiature sono in parallelo alla batteria si beccheranno anche loro 13,8V. Se questo valore ci soddisfa non c’è problema ma nel mio caso è un tantino eccessivo.
Se dovesse occorrere abbassarlo il modo migliore per farlo è usare diodi in serie, ogni diodo farà perdere circa 0,7V addomesticando la nostra tensione fino al valore desiderato.

Bene, abbiamo osservato tutti gli accorgimenti ma manca ancora qualcosa!
Ricordate il black out di prima? Finalmente il guasto è stato riparato e la corrente è ritornata. L’alimentatore riprende a funzionare, l’operazionale nel circuito di protezione è di nuovo alimentato, il relè riaggancia…. ma la batteria?
La batteria (che è a terra con tutte le ruote!) si vede sparare una tensione di 13,5V ai suoi morsetti, non c’è nulla che limiti la corrente, essa è in parallelo secco con l’alimentatore.
Il risultato è un forte assorbimento che può essere superiore alla massima corrente che questo è in grado di erogare (10A nel mio caso).
Le cose sono due, o saltano i fusibili o si brucia l’alimentatore.
Entrambe le situazioni evidentemente sono da evitare!

Come accennato prima, una batteria scarica andrebbe ricaricata in due fasi, la prima a corrente costante limitata a qualche ampere (3-4) fino a quando la batteria non arriva a 13V.
Poi la ricarica dovrebbe proseguire a tensione costante di 13,5- 13,8V che è anche la tensione di mantenimento, in queste condizioni essendo la batteria già carica, la corrente assorbita è minima (qualche centinaio di mA).
Per nessuna ragione si devono superare i 14,4V oltre i quali si provoca l’elettrolisi dell’acqua con sviluppo di gas esplosivo.
Dividere la ricarica in due fasi comporta però la realizzazione di un circuito intelligente quanto complesso. Siccome si spera siano rare le volte in cui la batteria arrivi a scaricarsi sul serio possiamo usare un metodo più rozzo ma altrettanto efficace.

Una semplice resistenza in serie limiterà la corrente di ricarica in caso di batteria davvero a terra mentre consentirà l’applicazione della piena tensione di 13,5V quando questa si è già caricata mantenendola sempre pronta a intevenire.
Infatti quando la batteria è già carica la corrente I che assorbe è trascurabile. Dalla legge di Ohm sappiamo che V = RI quindi sarà trascurabile anche la caduta di tensione V introdotta dalla resistenza R (se l’abbiamo scelta di basso valore…ma così faremo).

 

Lo schema complessivo è riportato in figura. L’alimentatore dovrà essere regolato per fornire una tensione di 14V. Il circuito può trovare applicazione in tutti quei casi in cui sia indispensabile mantenere continuità di esercizio per sistemi funzionanti a 12V (es ponti radio, allarmi ecc).
I diodi, i cavi di collegamento e l’alimentatore dovranno essere scelti per funzionare con sicurezza alla massima corrente che ci aspettiamo possa essere presente nel circuito in condizioni normali, i fusibili (di valore leggermente superiore) proteggeranno da eventuali guasti.

I diodi di potenza che sono soggetti a tutta la corrente assorbita dal carico sono stati per semplicità sostituiti con un ponte di diodi da 35A da dotare di opportuno dissipatore dove indicativamente la potenza dissipata è pari a circa 0,7 volte la corrente in ampere assorbita dal carico es. 10A continui = 7W (che non sono una fesseria, quindi in caso di assorbimenti nell’ordine degli ampere il dissipatore ci vuole!)